Medicalizzazione nello sport

Lo Sport in generale e quello Agonistico in particolare hanno raggiunto livelli di competitività, di esasperazione nelle preparazioni fisiche e conseguentemente una crescente  fisicità nelle competizioni che sino a qualche anno fa erano del tutto impensabili.

La medicalizzazione che vuol dire attribuire dei connotati medici ad eventi di altra natura, può essere lo specchio delle condizioni fisiche e di salute con cui gli atleti scendono in campo, ma è anche lo specchio di una errata cultura e di convicimenti sbagliati da parte degli atleti e, soprattutto nelle categorie più giovanili, dei genitori.

L’atleta dovrebbe rappresentare nell’immaginario collettivo il “ ritratto della salute”, l’esempio del beneficio che la pratica sportiva apporta al fisico, la cultura dello sforzo fisico come principale risorsa per competere lealmente.

In questo ambito l’utilizzo di farmaci leciti, in particolare antiinfiammatori o integratori, senza reale necessità clinica ma solo per affrontare meglio la prestazione sportiva o accelerare i tempi di recupero tra una gara e l’altra, è fortemente sconsigliata dalla comunità scientifica perché pericolosa a medio e lungo termine per la salute.

Il tema è di grande attualità e preoccupazione nel mondo del calcio professionistico.

Infatti tanto la FIFA (Fédération Internationale de Football Association) quanto la WADA (Agenzia Mondiale Antidoping) negli ultimi anni (a partire dai dati dei Mondiali 2006 e degli Europei 2008) hanno denunciato tale realtà, allertando il mondo dello sport.

Recentemente anche alcuni ex-calciatori hanno confessato a giornali e TV che in passato, ai loro tempi, hanno spesso assunto farmaci e/o sostanze di cui ignoravano gli effetti  e per i quali, a loro dire, non erano stati informati a sufficienza ed oggi sono preoccupati per il loro stato di salute futura.

Dai risultati emersi, quasi il 40% dei giocatori delle fasi finali degli ultimi Mondiali di Calcio ha assunto farmaci prima delle gare, per lo più farmaci antiinfiammatori e antidolorifici (dati raccolti dai rapporti redatti dai medici delle Squadre). E come afferma la stessa WADA “Si tratta di un segnale allarmante”, e secondo la FIFA “di una tendenza in aumento”.Molti giovani, tanto in campo dilettantistico quanto in campo professionistico, assumono tali sostanze nella erronea convinzione di poter alleviare i dolori causati dai “contrasti” propri di sport di contatto o di poter quasi “anestetizzare” indolenzimenti dovuti a precedenti traumi.

Ebbene pochi giovani si soffermano a pensare che ogni “farmaco” ha una funzione mirata e specifica diretta a risolvere un problema e che quel “farmaco” se assunto a sproposito o in modalità e dosaggi eccessivi arreca danni alla salute danneggiando in modo particolare il sistema epatico, renale, e cardio-circolatorio.

L’Atleta deve essere tale a 360° e dovrebbe impersonare la giusta ed equilibrata sintesi di capacità fisica e intellettuale,dovrebbe infatti informarsi costantemente ogni qual volta qualcuno gli propone la somministrazione di qualche cosa, sia esso farmaco,integratori o una” pozione miracolosa”.

Bagaglio imprescindibile per chi vuole dedicarsi ad un’attività sportiva sono: il giusto approccio allo sport scelto, l’apprendimento corretto della gestualità tecnica, il rispetto dei tempi di recupero, l’apprendimento dei metodi di preparazione e la conoscenza dei materiali usati e non dimentichiamo il rispetto per l’avversario.

Soprattutto in campo dilettantistico o giovanile il fenomeno della medicalizzazione non dovrebbe assolutamente verificarsi.

L’educazione al rispetto della propria salute deve essere superiore al desiderio di gareggiare a tutti i costi e quindi fin dagli inizi dell’attività sportiva i genitori, gli operatori sportivi e gli allenatori devono spiegare ai giovani il significato di sport condividendone il giusto approccio senza esasperazioni con la consapevolezza che non si può giocare ad ogni costo.

La F.I.G.C.per tramite della Commissione Antidoping e Tutela della Salute e l’Associazione Italiana Calciatori (AIC), attente da sempre a tale fenomeno, stanno lavorando sull’argomento già da tempo, innanzitutto per raccogliere dati certi sulla entità del fenomeno e per intraprendere misure e linee formative che possano invertire tendenze pericolose per la salute dei nostri calciatori.

Concludendo possiamo dire con certezza che tutti gli Atleti dilettanti o professionisti che siano devono prendere coscienza di questo problema ed informarsi, per non doversi trovare, in un futuro prossimo o remoto, a rimpiangere di non averlo fatto.

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