Cos’è il doping

Per “Doping” si intende la presenza nell’organismo dell’atleta di sostanze vietate o il ricorso a metodologie proibite in grado di alterarne artificiosamente le prestazioni agonistiche.

Il doping è contrario ai principi di lealtà e correttezza nelle competizioni sportive, ai valori culturali dello sport, alla sua funzione di valorizzazione delle naturali potenzialità fisiche e delle qualità morali degli atleti. Il doping deve essere combattuto perché altera i risultati sportivi a danno di chi vuole essere “pulito” e vanifica l’obiettivo principale dello SPORT: incrementare le qualità fisiche e morali della persona concorrendo al miglioramento della salute.

L’atto del doping si ripercuote direttamente sull’essenza dello sport trasformando l’atleta in “oggetto” utilizzato e manipolato in favore di interessi totalmente contrari al principio di sport inteso come attività sana con potenziali effetti benefici sull’organismo umano.

L’assunzione di sostanze illecite o lecite, ma senza una reale necessità terapeutica, al solo scopo di potenziare le proprie performances, è estremamente pericolosa per la salute, non solo al momento della loro assunzione dato che i loro effetti dannosi si possono manifestare anche a distanza di anni.

Storia del doping

Il doping è un male antico, che percorre la storia dell’uomo.

La prima volta che, storicamente, viene ufficialmente introdotto in campo sportivo il vocabolo “doping” risale al 1889 con preciso riferimento ad una miscela costituita da oppio, altri narcotici e tabacco che veniva somministrata negli ippodromi dell’America del Nord ai cavalli da corsa.

Si fa risalire l’origine di questo termine al verbo inglese “to dope” che significa imbrogliare, truffare o ingannare. Doping è quindi la definizione che più si avvicina al concetto sportivo di comportamento sleale e scorretto.

L’assunzione di sostanze con lo scopo di aumentare la prestazione fisica è un problema che appartiene al mondo sin dall’antichità.

In Grecia, durante i giochi olimpici, gli atleti assumevano decotti di piante e particolari funghi per aumentare la resistenza nelle corse di fondo.

Gli antichi Romani ricorrevano a qualità differenti di carni in base allo sport (carne di capra per il saltatore, di antilope per il corridore, di toro per il lottatore) associate a sostanze stimolanti quali l’idromele.

In Cina si utilizzavano estratti di esedra, una pianta ricca di un alcaloide, l’“efedrina”, che determina una forte azione stimolante.

In Europa i guerrieri della mitologia nordica accrescevano le loro forze bevendo decotti di amanita muscaria, un fungo che contiene un potente alcaloide dall’effetto stimolante. In America del Sud assumevano la coca, il matè e il guaranà mentre in America del Nord si usava il peyote, anch’esso alcaloide a base di “mescalina”.

In Africa durante le gare di corsa gli atleti utilizzavano foglie di cola ed il “dop”, una miscela a base di sostanze stimolanti ed alcool, con lo scopo di aumentare le prestazioni e ridurre la fatica, naturale conseguenza dello sforzo agonistico.

2. Storia del doping

Già nel corso dell’ottocento e dei primi decenni del novecento, con lo sviluppo delle conoscenze mediche e farmacologiche, anche il doping diventa più scientifico interessando sostanze che fino ad allora erano state utilizzate come farmaci.

Gli atleti iniziano così ad assumere la nitroglicerina, la cocaina, l’eroina, la stricnina, l’arsenico, la caffeina e le amfetamine.

Come conseguenza di questa pericolosa tendenza, nel 1886 si segnala il primo caso di morte ufficiale per doping durante una gara di ciclismo.

Da allora si susseguirono molte altre segnalazioni di morte improvvisa dovuta al doping in altre discipline sportive.

Si deve arrivare agli anni ’60 per avere i primi divieti sull’uso del doping, sollecitati soprattutto da un evento clamoroso avvenuto durante una tappa durissima del Tour de France del 1967 dove il campione del mondo di ciclismo Tom Simpson decedeva in seguito all’assunzione di farmaci stimolanti. Nel 1970 durante i Mondiali del Messico, anche il calcio avviò i controlli antidoping.

Se gli anni ‘50 e ‘60 sono stati gli anni degli stimolanti il cui prototipo erano le amfetamine, quelli successivi sono stati caratterizzati dal doping ormonale, con il prevalente uso di sostanze anabolizzanti.

Negli anni ‘80 l’evoluzione delle pratiche dopanti, soprattutto negli sport di resistenza, si è rivolta verso la tecnica dell’autoemotrasfusione per arrivare poi nei giorni nostri alle assunzioni di ormoni sempre più sofisticati quali il GH (ormone della crescita), gli ormoni peptidici, l’eritropoietina (EPO) e i suoi derivati.

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