Per predisporre l’attività per soggetti in età evolutiva, occorre tener presente le caratteristiche fisiologiche e psicologiche dei piccoli allievi. Ciò è determinante non solo per l’impostazione tecnica di programmi di attività che rappresentino effettivamente la dose giusta ed efficace per il miglioramento psico-fisico, ma anche per stabilire criteri razionali di valutazione funzionale e di eventuale riconoscimento dell’attitudine. La conoscenza delle varie fasi dello sviluppo e di come queste si susseguano, anche con differenze individuali notevoli, nel corso degli anni dell’età evolutiva, consente di evitare errori ricorrenti come penalizzare a priori i più piccoli sotto il profilo fisico. L’essere umano, come ogni altra unità biologica, dalla nascita fino al raggiungimento della sua struttura definitiva è sottoposto ad un processo di mutamenti caratterizzati da variazioni di quantità e di forma. Lo spazio di tempo necessario al completo manifestarsi di questi mutamenti prende il nome di periodo evolutivo. Di esso sono state formulate diverse classificazioni, tra cui quella a cui noi preferiamo riferirci, che divide l’età evolutiva in due periodi fondamentali: l’infanzia (dalla nascita fino ai 9-10 anni) e l’adolescenza (dai 10 ai 19 anni). L’infanzia, a sua volta, viene suddivisa in: prima infanzia (dalla nascita a 4 anni) e seconda infanzia (dai 4 ai 10 anni), mentre l’adolescenza viene articolata in: pre-puberale (dai 10 ai 13 anni), puberale (dai 14 ai 15 anni), post-puberale (dai 16 ai 19 anni). Ognuno dei periodi schematizzati corrisponde all’evolversi di tutta una serie di fenomeni naturali (sviluppo auxologico) che, abitualmente, segue la cronologia elencata, ma, talora, può anticiparla o ritardarla; non sempre, quindi, l’età biologica corrisponde all’età cronologica. Il “quando” effettuare una certa sollecitazione didattica sottolinea il principio che richiede di proporre situazioni motorie e tecniche adeguate ad un preciso periodo di sviluppo e alle potenzialità affettive del giovane.

Ogni genitore sa perfettamente che sarebbe inutile e dannoso cercare di far camminare il loro bambino a due o tre mesi, o pretendere che parli a sette o otto mesi! Il pediatra sa che il camminare o il parlare sono “biologicamente” successivi allo sviluppo cranio-caudale e al superamento della suzione. Infatti ogni processo è biologicamente determinato. Esiste un “orologio biologico” che determina la nostra evoluzione e la nostra involuzione. Compito importante di ogni istruttore è quello di aderire allo sviluppo dei suoi allievi offrendo “al tempo opportuno” ciò che “possono” e “sono in grado” di ricevere e devono acquisire.

Le capacità e le abilità si sviluppano rispettando un ordine che dipende dal periodo in cui vengono sollecitate. Le capacità fisiche, come le abilità, hanno un loro trend biologico che va rispettato, vanno cioè sollecitate quando è il momento opportuno: non prima perché non è possibile, non dopo perché diventa inutile. “Togliendo il superfluo”: così Michelangelo rispondeva a chi gli domandava come facesse a creare delle forme talmente sublimi da blocchi informi di marmo.

Ed infatti il termine educare – dal latino ex ducere – significa tirar fuori, cioè permettere all’allievo di esprimere concretamente le proprie potenzialità, in rapporto al proprio patrimonio genetico; e ciò può meglio realizzarsi attraverso programmi di formazione che rispettino, in primo luogo, i ritmi auxologici di ciascun allievo. Solo conoscendo le fasi nel loro naturale evolversi, possiamo agevolare ed incrementare – nei giovani – lo sviluppo delle capacità motorie, sollecitando quei processi che sono in quel momento più sensibili. Ed infatti, anche se per mantenere un certo grado di allenabilità occorrerebbe stimolare ed esercitare le varie capacità motorie (che sono tra esse interagenti) per tutto l’arco della vita sportiva, è comunque scientificamente provato che esistono periodi più favorevoli e momenti più recettivi quindi per sollecitare lo sviluppo di certe capacità.

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